Pd e Pdl reduci del 1994/Chiarezza programmatica prima di scegliere i leader Verso il nuovo big bang dei partiti politici di Saverio Collura "Pdl e Pd erano residui del big-bang del 1994. Ora sono entrambi investiti dall’insofferenza verso una politica giudicata inefficiente, corrotta. Certo il Pd (alle ultime elezioni n.d.r.) ha guadagnato sindaci, ma i suoi voti si stanno volatilizzando. Il mondo narrato dal cavaliere non esiste più". Sono questi alcuni stralci di una analisi politica pubblicata il 31 maggio scorso dal settimanale l’Espresso. A questa situazione i due grossi partiti ritengono di rispondere attraverso una fuga in avanti, tutta incentrata sulla ricerca di un leader che li porti fuori dal pantano nel quale oggi si trovano, glissando così sul reale motivo del declino: la loro storica insufficienza programmatica rispetto ai problemi del nostro Paese. Non si può infatti ritenere che sia Berlusconi che Prodi fossero dei leaders deboli, anzi, sia pure per diversi aspetti (Prodi aveva maturato un prestigio internazionale, Berlusconi aveva un forte consenso nell’opinione pubblica nazionale), avrebbero avuto le carte in regola per governare l’Italia e portarla in siti sicuri. Non ci sono riusciti! E ciò è dovuto al fatto che entrambi non hanno svolto un’attività di governo incisiva ed adeguata alle esigenze del nostro Paese; in sostanza i loro progetti programmatici non erano in sintonia con i bisogni e le problematiche di una società moderna, occidentale, che doveva competere in un mercato globale, e che quindi aveva come priorità l’obiettivo della competitività, dello sviluppo e del controllo della finanza pubblica. Su tutti questi aspetti, i due schieramenti alternativi hanno completamente fallito. Ma "l’implosione" dei due partiti si sta consumando in un quadro di grave crisi economica e sociale del Paese; la qual cosa può aprire una falla nel sistema istituzionale italiano, i cui effetti rischiano di produrre un vero e proprio tsunami, dalle conseguenze al momento non sufficientemente prevedibili. Non credo che gli elettori possano ritrovare la spinta ad esprimere il loro consenso elettorale solo sulla base della proposta di un leader; essi chiedono, invece, una chiara indicazione e precise risposte su come il Paese potrà uscire dalla crisi, e con quali iniziative di governo sarà possibile riprendere slancio produttivo e quindi nuove prospettive occupazionali. Ma su queste questioni i due principali partiti italiani non sembra abbiano ancora maturato risposte concrete. Nel contempo, va sempre più affermandosi l’esigenza di un rilancio del progetto comunitario degli Stati federali d’Europa; questo vuol dire che ogni Paese dovrà fornire le adeguate garanzie che saranno in grado di rispondere positivamente ai problemi che si porranno, in modo pregnante, per conseguire l’obiettivo che nel prossimo decennio si arrivi alla integrazione politica degli Stati. In questo contesto diventa centrale la questione del risanamento dei conti pubblici dei singoli paesi, condizione questa necessaria e propedeutica per poter poi puntare alla fase di integrazione e di controllo comunitario dei debiti sovrani. Le ultime dichiarazioni della signora Merkel, che sembra voler sponsorizzare il rilancio del progetto unitario, federalista, europeo, sono certamente positive, ma non debbono creare la falsa illusione che la Germania sia disponibile a consentire politiche di bilancio non di estremo rigore. A tal proposito, basta richiamare quanto dichiarato dal presidente della Bundesbank in un’intervista del 9 giugno scorso, che ricordava con chiarezza e con fermezza che le posizioni dei tedeschi in materia non erano affatto cambiate. Allora quello che si aspettano gli elettori italiani è che prima della indicazione dei leaders, i due grossi partiti dicano con chiarezza attraverso quali percorsi e quali interventi ritengono di poter realizzare l’impegno sottoscritto con il fiscal compact, nonché il rientro del nostro debito entro i limiti del 60% del Pil, come riportare l’Italia ad un livello di competitività tale da consentire una consistente ripresa occupazionale, come dare concretezza finanziaria ad un serio piano di infrastrutture e, per finire, quali riforme strutturali considerano di assoluta priorità. Non sono domande poste a caso (che giriamo anche a Grillo) perché i due partiti in questi ultimi quindici anni di governo non hanno saputo dare risposte idonee. Il Pri ha posto tutte queste questioni al centro della sua riflessione politica dell’ultimo biennio; la costituente repubblicana liberaldemocratica dovrà essere l’occasione per portare all’attenzione dell’opinione pubblica e dell’elettorato italiano il progetto. |